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La Fermentina di San Donato Val di Comino

di Rosanna Tempesta


Della Fermentina di San Donato, uno dei principali argomenti del Convegno del 28 aprile, patrocinio UNESCO, organizzato a San Donato dalla sede Val di Comino dell’Archeoclub d’Italia, in collaborazione con l’Associazione Scorrendo con il Liri A. S. D., si occupò il famoso geografo Roberto Almagià che la visitò nel 1911 e che così la descrisse:

[foto tratta dal sito del comune di San Donato val di Comino]


[…] iI bollitore, detto localmente La Fermentina, non indicato nella carta topografica, (f.° 152 II Alvito) si trova circa 4 KM a ESE di Alvito, sulla pendice SO del Colle Castagneto, che scende al Riomollo, poco lontano dal Casino Coletta in località detta Monticchio; il Colle è formato da scisti argillosi eocenici ricoperti da uno spesso strato di humus. Sul suo fianco, dunque, a circa 400 m. di altezza, si incontra uno scasso, in forma di nicchia, del diametro di 7-8 m., scolata verso il basso da un piccolo fossato. All' epoca della mia prima visita, il 19 aprile 1911, nel fondo di questa nicchia si notava un pozzetto del diametro di circa 45-50 cm. pieno d'acqua di color cenere scuro in forte ribollimento, dovuto alla copiosa emissione di gas. La profondità del pozzetto non era superiore a 60 cm; il fondo, resistente in modo da non poter esser perforato con un bastone, appariva coperto di sassolini. L'acqua, di sapore fortemente acidulo, era alla temperatura di circa 8°, essendo quella dell'aria tra 18° e 19°. Io non potei raccogliere i gas emessi dal bollitore; ma la presenza dell'idrogeno solforato era segnalata dal caratteristico odore, avvertibile a trenta metri di distanza dall'orifizio, e lo speciale sapore acidulo del­l'acqua tradiva l'anidride carbonica, rivelata anche dal fatto che un fiammifero posto a 20 cm. sopra il pelo dell'acqua si spegneva subito. Non potei constatare la presenza del me­tano. Entro la stessa nicchia erano altri 5 minori pozzetti vi­cinissimi, pieni di acqua dello stesso colore e del pari gorgo­glianti per la fuoriuscita dei gas. Quest'acqua fangósa spìnta dal gas fuori del pozzetto maggiore e degli altri piìi piccoli, correva nel fondo del fossatello, che fungendo da scolo emuntore della nicchia, la portava al Riomollo.

Tornando a visitare la località il 17 settembre di quest'anno, dopo una siccità prolungata, trovai la Fermentina comple­tamente secca. Anche l'aspetto degli orifizi era un po' cam­biato. Nel fondo della nicchia si notavano infatti due pozzette circolari, asciutte, del diametro, l'una di un metro, l'altra di mezzo, profonde pochi decimetri, col fondo argilloso, in parte mascherato da rami e foglie introdottevi. Non vi era traccia d'acqua, ma l'emissione del gas era tuttavia violentissima, tanto che riusciva impossibile chinare il viso sull'orifìzio del pozzetto maggiore. In fondo a questo si notavano spoglie di insetti morti; io vi introdussi successivamente una lucertola e un piccolo uccello, che entrambi morirono entro cinque mi­nuti, uccisi dai gas asfissianti. Discendendo lungo lo scolo emuntore, osservai che in altri punti di esso, più in basso, si ave­vano pure emissioni di gas; trovai anche cadaveri di uccelli. Seppi da persone del luogo che la Fermentina è normal­mente asciutta nel periodo estivo; l'acqua è più abbondante in primavera, e in quest'epoca si dice che anche l'emissione del gas sia più violenta; il rumore prodotto dal ribollimento si avvertirebbe allora anche da alcune case coloniche poste di là dal Riomollo a circa un chilometro di distanza. Noto che anche la larghezza e la profondità dello scolo emuntore non appaion proporzionate alla piccolissima portata della sorgente, quale io la osservai per la prima volta, e testimoniano che vi sono probabilmente periodi di maggiore attività.

[…] Si deve ancora notare che in Val di Comino, anzi proprio negli stessi dintorni della Fermentina, si hanno altre sorgenti gassose. Il Tenore, che percorse più volte la regione, ne ri­corda una nel piano di Vico presso Pietrafitta, accompagnata da grande esalazione di idrogeno solforato, che deposita sulle sponde solfuro ferrico e solfato di allumina e ferro; più a NE una sorgente d'acqua solforosa, detta l'Acqua Solfa, è utilizzata anche localmente per bagni. Infine, si ricordi che nell'ambito della nostra regione sono stati segnalati depositi bituminosi, con cui potrebbe esser connessa la produzione di idrocarburi; i più notevoli sono sulla sinistra del Mollarino alle pendici del M. Prato presso Atina (1).

Padova, 10 dicembre 1911.



La prima descrizione della Fermentina risale al Castrucci, che nella sua Descrizione del Ducato di Alvito, pubblicata nel 1632, scrive: «Quest'amena e fertile pianura (di Alvito) termina a greco ed a levante con S. Do­nato alla Fonte e quindi per linea parte diretta e parte obli­qua ad ostro scirocco, alle radici d'un colie pieno di casta­gni, detto Castagneto della Corte, in quei diversi e distinti bollori o fonti d'acque che danno l'origine al ruscello di Riomolle; ritrovasi in questo castagneto in una valletta a ponente un bollore d'acqua di color cinerino e d'odor di bitume, che qualche volta nelle mutazioni dei tempi si fa sentire da lon­tano, s'alza da terra or otto palmi or meno con lento mor­morio, or debile or forte; e nell' istessa bocca o caverna onde s'alza e si vede, si profonda e si cela....; guarisce quest'acqua la rogna d'animali; vi sono alle radici di detto colle altri si­mili, ma piccoli bollori, a levante, iemale ed euro».


L’Almagià afferma che “Dal Castrucci riporta la notizia il Giustiniani nel suo ben noto Dizionario geografico delle Provincie Napolitane. Il Corcia, accennando nella sua opera storica sul Napoletano alle manifestazioni vulcaniche delle valli del Liri e Fibreno, menziona anche «il cratere delle Fermentine nella prossima valle dì Comino», mentre l'Amati nel suo Dizionario Coro­grafico d'Italia parla di una sorgente detta di Monticchio, presso la quale «muoiono gli uccelli che vi si fermano per lo svolgimento di micidiale gas acido carbonico; d'estate l'acqua non apparisce, ma vi si sente un gorgoglio profondo». Infine al nostro bollitore vuol certamente alludere il Cacciamali, quando accenna a un vulcanello fangoso che si può am­mirare in territorio di San Donato Val di Cornino”.


Archivio privato Natalina Pellegrini


Nella foto sono presenti due capanne costruite nella zona dell'Acqua Solfa, utilizzata per i bagni. Vi soggiornavano molti sandonatesi per curarsi. Natalina Pellegrini ci racconta che vi si recava anche il suo bisnonno che all'ora di pranzo, tutti i giorni, veniva raggiunto dai familiari che gli portavano da mangiare.

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