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Francesco Petrarca in Provenza e il carme de Beata Maria Magdalena

di Ferdinando Marfella


Uno dei personaggi secondari dei Vangeli che più ha attirato l’attenzione e la curiosità nel corso dei secoli è certamente Maria Maddalena [1]. La sua figura ha destato interesse negli artisti di ogni tempo che l’hanno dipinta, scolpita, rappresentata secondo le richieste dei committenti, in base alle credenze e alle conoscenze dell’epoca in cui essi sono vissuti. La Maddalena è insita nella nostra cultura cristiana: molto raffigurata nelle opere artistiche di ogni epoca, appare in realtà in pochi episodi dei Vangeli; i momenti più importanti sono la Crocifissione e la Resurrezione nei quali la Maddalena è fortemente legata alla figura di Cristo. Sua discepola, ella proveniva da Magdala, fiorente mercato ittico sul lago di Tiberiade, e sosteneva la comunità dei discepoli con proprie risorse. Era stata liberata da sette demoni da Gesù e seguiva i suoi insegnamenti. Nel 591 Gregorio Magno fu l’artefice di un’interpretazione dei Vangeli che portò a fondere e confondere la figura di Maria Maddalena con quella di Maria di Betania [2], con quella di un’anonima peccatrice che lava i piedi a Gesù con le proprie lacrime asciugandoli coi propri capelli rossi. In seguito a queste si affiancò anche la figura di un’adultera, Maria Egiziaca, eremita che viveva di elemosina e facendo merce del proprio corpo e che era vestita dei suoi soli capelli color rubio che avvolgevano tutto il corpo, fino a quando si convertì davanti al santo sepolcro a Gerusalemme. L’interpretazione di Gregorio Magno ha conseguentemente influenzato la figura della Santa in Occidente fino al 1969 [3], anno in cui, col Concilio Vaticano II, le si è finalmente restituita la giusta dignità.

Il culto di Maria Maddalena, così come ci è pervenuto, risale al periodo delle crociate, con le quali in Europa affluirono tante reliquie provenienti dalle sponde del Mediterraneo orientale. Tali reliquie andavano ad aumentare il prestigio di re, imperatori, nobili e prelati. Tanta era pure la devozione popolare per esse, in quanto garantivano remissioni di peccati e presunte guarigioni, secondo la fede e le credenze medievali. La Chiesa Cattolica ne traeva sicuramente grande prestigio, soprattutto da quando si allontanò definitivamente da un modello pauperistico per esercitare il potere anche attraverso il prestigio e le ricchezze accumulate.

Nel 1254 il re di Francia Luigi IX tornò dalla settima crociata. La campagna militare in Egitto ebbe un esito completamente fallimentare. Il Re, futuro santo, si convinse che la disfatta fosse stata una conseguenza della decadenza dei costumi del suo popolo: cominciò dunque a punire severamente blasfemia, gioco d’azzardo, usura e prostituzione. Nel 1270 Luigi IX partì per Tunisi per l’ottava crociata dove morì per una malattia non ben identificata che potrebbe essere stata dissenteria, peste o febbre tifoide. Grande era l’interesse del re per reliquie ed oggetti sacri che cominciarono ad affluire in quel periodo in Francia. Il principale porto francese sul Mediterraneo era al tempo quello di Aigues-Mortes, lì da dove Luigi IX partì per le sue due crociate. Il principale porto di Provenza era Marsiglia, dove la Maddalena sarebbe approdata secondo la Legenda Aurea redatta da Jacopo da Varazze. Entrambi i porti erano crocevia per la diffusione delle reliquie provenienti dall’Oriente.

Nel 1279 il nipote di Luigi IX, Carlo II d'Angiò, a quel tempo ancora principe di Salerno, poi re di Napoli dal 1285 [4], dichiarò di aver effettuato l’inventio delle reliquie di Maria Maddalena a Saint Maximin. Si narrava che tali reliquie fossero state nascoste dai benedettini, diversi secoli prima, per evitare di farle cadere in mani saracene quando la Provenza subiva continue incursioni da parte di quelle popolazioni. Probabilmente tali reliquie potevano essere state trasportate anche via mare dalla Terra Santa grazie al florido commercio di frammenti sacri ad opera di reduci crociati e di abili mercanti.

Carlo II d’Angiò fece erigere a Saint Maximin una sontuosa basilica, lì dove le reliquie erano state ritrovate, per dare alla Maddalena la giusta venerazione. Papa Bonifacio VIII nel 1295 convalidò tali reliquie, dando prestigio agli Angioini, a discapito dell’abbazia benedettina di Vézelay in Borgogna, dove in precedenza si veneravano altre presunte spoglie della Maddalena. Non lontano da Saint Maximin si trova la santa grotta in cui la Maddalena avrebbe trascorso gli ultimi trent’anni della sua vita in penitenza, per espiare i peccati commessi in gioventù. Secondo la Legenda Aurea, infatti, dopo aver evangelizzato la Provenza, la donna si sarebbe ritirata presso la Sainte Baume per trascorrere una vita anacoretica di penitenza.

Carlo II d’Angiò portò a Napoli il culto della Maddalena dove venne diffuso dagli Ordini Mendicanti. Roberto d’Angiò detto il Saggio, erede di Carlo II, portò avanti con fervore il culto magdalenico a Napoli, facendolo diventare un elemento religioso distintivo della casata d’Angiò. La nobiltà cittadina napoletana e quella dei baroni si allineavano al culto per compiacere i sovrani.

I potenti frati Domenicani divennero i custodi del culto della Maddalena e nel 1298 presero il controllo della Sainte Baume. Si creò quindi un forte legame tra Napoli e la Provenza che promosse pellegrinaggi di tanti fedeli e anche di personaggi illustri verso il sud della Francia. Come una perfetta coincidenza nel 1309, dopo pochi anni dalla inventio delle reliquie dell’evangelizzatrice della Provenza, il papato si trasferì ad Avignone. Proprio quell’anno papa Clemente V [5] fece visita all’ultimo eremo della Maddalena.

Uno dei visitatori più celebri della Sainte Baume è certamente il poeta Francesco Petrarca che ha vissuto dal 1312 al 1353 nella regione del Vaucluse, in Provenza. Petrarca vi si trasferì in gioventù con la famiglia andando a vivere a Carpentras, al seguito del padre notaio, Ser Petracco, che ottenne importanti incarichi presso la Corte pontificia. In seguito, nel 1316, si trasferì a Montpellier nella Linguadoca col fratello Gherardo, assieme al quale poi andò a studiare diritto a Bologna nel 1320. Ma a causa di violenti tumulti scoppiati presso lo studium bolognese, i fratelli Petrarca dovettero riparare di nuovo in Provenza, per poi tornare a completare gli studi di diritto a Bologna dal 1322 al 1325. Nel 1326, con la morte del padre, Francesco lasciò gli studi di diritto per dedicarsi alle amate lettere e tornò in Provenza dove si mise al servizio dei Colonna.

Sovente il poeta si abbandonava a meditazioni e profondi pensieri passeggiando nei pressi delle sorgenti del fiume Sorga; in quegli ameni luoghi compose i celebri versi “Chiare, fresche e dolci acque” dedicati a Laura, sua musa ispiratrice, incontrata per la prima volta il 6 aprile 1327 nella chiesa di Santa Chiara di Avignone.

La prima visita del Petrarca alla Sainte Baume risale al 1338. In quest’occasione egli scrisse di getto trentasei esametri in latino: una piccola ode conosciuta come “Carme de beata Maria Magdalena”. La lesse a Philippe di Cabassolle [6], vescovo di Cavaillon, che il Petrarca aveva conosciuto nel 1337. Philippe di Cabassolle, che divenne un grande amico del Petrarca, era molto legato alla corte di Roberto d’Angiò [7] [8]. Anche il vescovo, come re Roberto e il Petrarca, era devoto al culto di Maria Maddalena e nel 1355 scrisse un Libellus hystorialis Mariae beatissimae Magdalenae o Vie de sainte Marie-Madeleine [9] nel quale relazionò anche l’inventio delle reliquie effettuata diversi decenni prima da parte di Carlo II d’Angiò a Saint Maximin.

Anche Gherardo Petrarca era stato folgorato dalla Sainte Baume e dal culto della Maddalena. In seguito ad una forte crisi spirituale, generata dalla morte della donna amata, nel 1343 il fratello minore del Petrarca decise di prendere i voti presso l’ordine dei certosini e fu assegnato alla certosa di Montrieux, vicino Tolone. Da lì Gherardo si recava in pellegrinaggio presso l’eremo della Maddalena che sentiva essere il luogo dove meglio praticare la penitenza spirituale. Nelle epistole familiari troviamo riferimenti al fratello Gherardo, chiamato Monico, e alla sua vicinanza all’aria di contemplazione della Sainte Baume.

Il Petrarca tornò a trovare il fratello e a far visita alla Sainte Baume anche nel 1347. Nel 1353 il poeta visitò per l’ultima volta la grotta della Maddalena in quanto in seguito abbandonò la Provenza per tornare in Italia, a causa di dissidi avuti con gli ambienti della corte pontificia di Avignone.

Il Carme de beata Maria Magdalena, composto in trentasei esametri in latino, è diviso in tre parti. In esso troviamo la figura della Maddalena secondo l’interpretazione dell’epoca, dovuta a Gregorio Magno e riportata dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, opera di grande successo nel Medioevo e nel Rinascimento [10].

Apre il carme una brevissima invocazione, nei primi due versi. Dal verso 3 al 10, la Maddalena è prossima a Cristo ed è la prima testimone della Resurrezione. Dal verso 11 al verso 19, la Maddalena è presente ai piedi della croce in mezzo ad una folla in delirio mentre tutti gli altri discepoli si sono dati alla macchia, fuggiti via per paura di essere catturati e giustiziati a loro volta. Dal verso 21 al verso 36, Maddalena in penitenza alla Sainte Baume può ascoltare il coro degli angeli, da essi viene nutrita e portata in estasi in cielo.

Attraverso un viaggio spirituale ed esistenziale che porta la Maddalena dallo stupore e dalla gioia della Resurrezione al dolore traumatico della croce e al percorso di penitenza alla Sainte Baume, la Santa giunge infine ad una gnosi, conoscenza divina superiore. Nei versi del carme si intravede dunque una Maddalena neoplatonica che incarna la conoscenza di Dio acquisita tramite la mediazione dei sensi, attraverso i quali ha avuto la possibilità di toccare materialmente e spiritualmente Cristo.

Il carme testimonia la vicinanza del poeta aretino alla dolce amica di Cristo. Attraverso di esso, il Petrarca vuole accomunare il proprio passaggio da una vita travagliata dal peccato alla penitenza, al percorso esistenziale della Santa che era passata dai tormenti della croce alla pace della grotta della Provenza. Egli cerca un contatto con il Signore tramite la Maddalena che gli permetta di allontanarlo dal traviamento morale del passato e persino dall’ossessione di Laura che continuamente lo tormentava.

Carme de beata Maria Madgalena

Dulcis amica Dei lachrimis inflectere nostris

Atque humiles attende preces nostreque saluti

Consule namque potes nec enim tibi tangere frustra

Permissum gemituque pedes perfundere sacros

Et nitidis siccare comis ferre oscula plantis

Inque caput Domini preciosos spargere odores

Nec tibi congressus primos a morte resurgens

Et voces audire suas et membra videre

Immortale decus lumenque habitura per euum

Nequicquam dedit etherei rex Christus olimpi

Viderat ille cruci herentem nec dira pauentem

Iudaice tormenta manus turbeque furentis

Iurgia et insultus et equantes verbera linguas

Sed mestam intrepidamque simul digitisque cruentos

Tractantem clauos implentem vulnera fletu

Pectora tundentem violentis candida pugnis

Vellentem flauos manibus sine more capillos

Viderat hec inquam dum pectora fida suorum

Diffugerent pellente metu memor ergo reuisit

Te primam ante alios tibi se prius obtulit vni

Te quoque digressus terris et ad astra reuersus

Bis tria lustra cibi nunquam mortalis egentem

Rupe sub hac aluit tam longo in tempore solis

Diuinis contentam epulis et rore salubri

Hec domus antra tibi stillantibus humida saxis

Horrifico tenebrosa situ tecta aurea regum

Deliciasque omnes et ditia vicerat arua

Hic inclusa libens longis vestita capillis

Veste carens alia terdenos passa decembres

Diceris hic non fracta gelu nec victa pauore

Namque famem et frigus durum quoque saxa cubile

Dulcia fecit amor spesque alto pectore fixa

Hic hominum non visa oculis stipata cateruis

Angelicis septemque die subuecta per horas

Celestes audire choros alterna canentes

Carmina corporeo de carcere digna fuisti.


Traduzione [11]:

Dolce amica di Cristo, odi le mie

Preci, t’inchina all’umil pianto umano,

E di salute a noi schiudi le vie.

Tu ’l puoi: ché a te già non fu dato invano

Di penitenti lacrime i divini

Piedi bagnar, che sorreggea tua mano,

Indi asciugarli co’ diffusi crini,

E in lui spander dal capo infin le piante

Soavità d’unguenti peregrini.

E Cristo, allor che dalle buie infrante

Porte reddiva al sempiterno trono,

Già non indarno del divin sembiante,

Né indarno a te del redivivo suono

Della nota ineffabile sua voce

(Oh! tua gloria immortal) prima fe’ dono.

Te visto avea sotto la dura croce

All’aspetto de’ barbari strumenti,

A’ feri colpi, a’ detti aspri, al feroce

Volto di quelle dispietate genti

Non sbigottir: ma colle bianche dita

Gl’irti chiodi trattar sanguinolenti,

Delle dive sue membra ogni ferita

Sparger d’amaro pianto, oltre misura

Batter sovente colla man pentita

Il delicato sen, svellere in dura

Guisa le bionde chiome; e starti intanto

Penosamente intrepida e secura.

Tal già visto t’avea, mentre nel santo

Stuol, che suoi passi seguitò dapprima,

Poteo lo strale del timor cotanto

Che torse il piè dalla funerea cima:

Ond’ei, per la soave rimembranza

Di tutte elesse riveder te prima.

E in questo tenebroso antro, che stanza

Si fu trent’anni al tuo corporeo velo,

Qui, dove, fuor d’ogni mortale usanza,

Beatamente di sidereo zelo

Sol ti pascesti e di rugiada eterna,

Te spesso a visitar scese dal cielo.

Però quest’atra ed umida caverna

Meglio a te piacque che regali ostelli.

Qui vincesti dell’anno, quando verna,

Trenta volte il rigor, non d’altri velli

Coverta mai (com’è l’antico detto),

Che del manto de’ tuoi lunghi capelli.

Perché l’orrido gel, la fame e il letto

Aspro di sasso ti fe’ dolci amore,

E speme accesa nel profondo petto.

E qui del giro d’ogni sol sett’ore

Invisibile altrui, d’angioli santi

Cinta, e rapita di tuo carcer fuore

Degna fosti d’udir celesti canti.

E vivi sano, felice e ricordevole di me.



NOTE

[1] L’Archeoclub Val di Comino ha trattato l’argomento di Maria di Magdala già in diverse sedi con riferimenti alla letteratura e alla storia dell’arte. In particolare, si è fatto riferimento a studi sulle opere dell’umanista alvitano Mario Equicola e sul quadro “Maddalena in riposo”, di autore ignoto, della chiesa di San Simeone Profeta in Alvito (FR).

[2] Sorella di Marta e di Lazzaro, amici di Gesù.

[3] Con grande impatto nella rappresentazione di Maria Maddalena in letteratura e in storia dell’arte dei secoli dal Medioevo ai giorni nostri.

[4] Nel 1284, Carlo II d’Angiò fu fatto prigioniero dagli Aragonesi nell’ambito della guerra dei Vespri. Per liberarsi e salire al trono nel 1285 dovette dare in ostaggio i suoi tre figli, tra i quali, terzogenito, vi era Roberto d’Angiò che salirà al trono come successore di Carlo II nel 1309, scalzando i suoi fratelli maggiori periti e lasciandolo erede del Regno che includeva l’Italia meridionale con esclusione della Sicilia. L’isola era stata occupata dagli Aragonesi e definitivamente ceduta da Carlo II con l’umiliante pace di Caltabellotta nel 1302 che segnerà la nascita del Regno di Napoli.

[5] Lo stesso papa che aveva promosso il processo ai Templari sotto la spinta di Filippo il Bello.

[6] Diversi anni dopo, nel 1370, il Petrarca gliela invierà con l’epistola XV delle Senili.

[7] Philippe de Cabassolle fu notato ad Apt dalla famiglia dei Sabran, fu raccomandato a Roberto d'Angiò, re di Sicilia e conte di Provenza. Dal 1333, a Napoli, fu incaricato di dirigere la cancelleria della regina Sancha d’Aragona. Il 17 agosto 1334, era nominato vescovo di Cavaillon e re Roberto lo designava tutore di sua figlia Giovanna di Napoli. Il 19 gennaio 1343, sul suo letto di morte, il sovrano gli affidava l'incarico di reggente del regno. Inquietato dagli eventi napoletani, Clemente VI incaricherà Petrarca d'una ambasceria nel mese di settembre 1343. Arrivato sul posto, il poeta constatò che «...il Regno era come una nave che i suoi timonieri conducono al naufragio, un edificio in rovina sostenuto dal solo vescovo di Cavaillon.»

[8] Petrarca conobbe Roberto d’Angiò all'inizio del 1341, quando dimorò circa un mese a Napoli per essere esaminato prima dell'incoronazione poetica. I ricordi delle conversazioni avute con il re prima dell'esame vero e proprio disegnano il prototipo del perfetto sovrano, saggio e virtuoso oltre che esperto politico, e tale è la raffigurazione di lui che ritorna costantemente nelle opere petrarchesche; dietro sua richiesta, inoltre, Petrarca gli dedicò l'Africa. Fece però in tempo a indirizzargli solo tre lettere, dato che Roberto morì poco dopo, all'inizio del 1343.

[9] Manuscript BN lat 17558.

[10] Isabella d’Este percorrerà il proprio pellegrinaggio in Provenza nel 1517 basandosi sulle informazioni della Legenda Aurea, fatta eccezione per Maria Maddalena per la quale farà riferimento agli studi del teologo francese Jacques Lefèvre d'Étaples presentati dal suo precettore Mario Equicola.

[11] La traduzione è dovuta al poeta, politico e dantista, conte Giovanni Marchetti da Bologna, vissuto nella prima metà dell’Ottocento. Essa è riportata nel tomo terzo delle poesie minori del Petrarca, appendice II.


BIBLIOGRAFIA

· Francesco Petrarca, Poesie minori, tomo III, Appendice II, p.22, 1834, Societa tipografica de'classici italiani, Milano.

· Élisabeth Pinto-Mathieu, Marie Madeleine dans la littérature du Moyen Age, p. 182-186, 1997, ed. Beauchesne Paris.

· Adriana Valerio, Maria Maddalena, Equivoci, storie, rappresentazioni, 2020, ed. Il Mulino.

· François Pétrarque, Carmen de beata Maria Magdalena, Édition critique par Dominique Amann, 2019, La Maurinière èditions numériques.

· Petrarca, Francesco, Lettere Senili di Francesco Petrarca (Italian Edition), Edizione Kindle.

· Enrico Fenzi, Petrarca, Profili di storia letteraria a cura di Andrea Battistini, 2008, Il Mulino.

· Guido Iorio, Roberto il saggio, Biografia di Roberto d’Angiò. “Un re da sermone”, 2021, Francesco D’Amato editore.




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